1. Manutenzione del territorio. Incolumità non negoziabile

La condizione di fragilità del territorio lucano, dovuta alle caratteristiche orografiche ed alla sua naturale vulnerabilità – accentuata dalle condizioni insediative -, trova conferme nella gravità dei danni provocati da eventi metereologici o sismici.  È necessario accelerare sugli interventi di riduzione del rischio idraulico e idrogeologico e di adattamento al cambiamento climatico, già pianificati dal precedente esecutivo regionale con un programma comprendente 380 interventi per un ammontare di circa 540 milioni di euro.

L’incolumità dei cittadini va assunta come obiettivo principale non negoziabile. Si pensi ai comuni che hanno ricevuto da tempo ordinanze di trasferimento parziale o totale (tra gli altri Latronico, Pisticci, Senise, Tricarico, Tursi) ai comuni come Ferrandina, Montescaglioso, Trivigno, Pomarico, Lauria, interessati da vaste aree a rischio frana, ancora criticità a Stigliano, Gorgoglione, Avigliano, Albano.

In questi casi anticipare il più possibile l’intervento ridurrebbe l’esposizione al rischio per i cittadini, e consentirebbe soluzioni ragionate e non sull’onda dell’emergenza, agevolando condizioni di attrattività e sviluppo ai centri storici attualmente fortemente limitati.

È necessario inoltre che questo parco progetti sia costantemente aggiornato, anche con interventi di Mitigazione del Rischio Alluvionale per la manutenzione ordinaria, programmata e straordinaria dei fiumi e delle relative reti affluenti, ripristinando gli alvei, progettando bacini di espansione, completando ed aggiornando le reti fognarie urbane, realizzando vasche di prima pioggia trovi finalmente un suo inizio.

Avvieremo un pressing serrato sul Governo Nazionale, affinché norme per la semplificazione delle procedure autorizzative, dia certezza dei tempi e liberi le risorse economiche che oggi, pur presenti nel bilancio regionale, non possono essere utilizzati per mancanza di autorizzazione. Di “Pomarico” in Basilicata ve ne sono tante ed è urgente agire.

  1. Un nuovo patto per il petrolio e l’ambiente

Il tema del petrolio colpisce a fondo la sensibilità della comunità regionale, in una continua richiesta tra tutela della salute, salvaguardia delle matrici ambientali, ricadute occupazionali e sviluppo. Queste ultime non sempre ritenute sufficienti o bastevoli.

L’attività estrattiva oggi serve un interesse nazionale (il petrolio lucano risponde ad almeno il 10% del fabbisogno energetico italiano) e le risorse finanziarie che derivano, sotto forma di royalties, sono vitali per mantenere servizi essenziali sul territorio, dai trasporti pubblici locali alla sanità, alla spesa sociale e compensano spesso la riduzione sempre più evidente dei trasferimenti statali. Si stima che nel solo periodo 2014-2017 la Regione abbia perso circa 210 milioni di euro.

Indispensabile che si sani il gap con il territorio e che le compagnie conducano le attività con assoluto rispetto per i due asset insostituibili della tutela della salute umana e dell’ambiente.

La rinegoziazione degli Accordi con ENI e TOTAL dovrà tenere conto di rigore e controllo, di certezza dei dati di monitoraggio, e di incremento delle esigenze occupazionali locali, in forma diretta e attraverso investimenti sei grandi players sul territorio regionale. Sarà fondamentale limitarsi all’esistente senza superare i limiti già più volte delineati in sede nazionale e regionale.

Bisogna avere la forza ed il coraggio di invertire il paradigma sin qui adottato, nel quale si è sempre rincorso gli eventi e le emergenze, senza riuscire a tracciare un percorso netto chiaro e condiviso tra tutti gli attori in primis le comunità locali. Occorre pertanto rafforzare ed ampliare un concreto e fattivo processo partecipativo su una tematica, quale quella relativa all’attività di ricerca ed estrazione petrolifera, dal forte impatto sociale, economico oltre che ambientale.

Il tema petrolio deve essere riscritto imponendo sistemi di controllo e di sorveglianza che non lascino spazio ad interpretazioni ma che, soprattutto, siano allineati ai più avanzati ed innovativi processi di gestione dei grandi sistemi produttivi. L’approccio deve muovere le basi dalla valenza ed importanza del cosiddetto “valore comune condiviso”, cioè dalla partecipazione attiva delle comunità interessate e di tutti gli stakeholders intercettati direttamente ed indirettamente dalle filiere del settore estrattivo, non ultimi i centri di ricerca e l’università. L’evoluzione tecnologica, le tecnologie innovative ed abilitanti, l’intelligenza artificiale, il programma Copernicus, l’apertura a nuovi sistemi di e-governance e di controllo delle sorgenti emissive e delle pressioni territoriali abbinati ad una rivalutata e rivalorizzata capacità di controllo in capo a tutti i soggetti preposti, primo tra tutti l’ARPAB, rappresentano gli elementi dirimenti sul tema salute, ambiente e petrolio.

Inoltre, occorre definire ed avviare un programma operativo di decommissioning e accompagnamento alla autosufficienza energetica, che permetta alla nostra Regione di riconvertire le attività antropiche estrattive per il tramite di attività innovative ad alta valenza ambientale e territoriale ancora di green economy e di agricoltura di precisione. Aprire ad attività di ricerca, studio e sperimentazione con università ed enti di ricerca finalizzate alla conversione a nuove fonti energetiche e di recupero e riconversione, che diano una nuova dimensione di crescita e sviluppo locale. Bisogna aprire una nuova stagione di negoziazione con le compagnie per prepararsi alla fuoriuscita dalla dipendenza dal petrolio. Una strategia capace di coinvolgere lo stesso settore dell’automotive per lo sviluppo di vettori meno inquinanti e la realizzazione d’investimenti in nuovi prodotti green. Infine, si aumenteranno le risorse di bilancio per consentire un aggiornamento continuo e in tempo reale del Registro Regionale dei Tumori, e per sviluppare indicatori di incidenza e correlazione del rischio di patologia rispetto alle attività petrolifere ed ai territori più coinvolti.